Il
libro FERRO DOLCE (110 pagine) è diviso in due
parti. La prima è costituita da un breve
romanzo. La seconda è composta da alcune poesie
e riflessioni di vita quotidiana. Quest'ultima
parte è in prosa poetica, un linguaggio che
avvicina due mondi della lingua e
dell'espressione creando un tipo di narrazione
suggestiva e piacevolmente musicale.
Di
seguito riportiamo l'introduzione del libro e le
avvertenze per il lettore. Per approfondire la
lettura cliccare
qui.
Questo libro ( o
il libro che sarà) è dedicato ad Annamaria, per
pazienza, affetto e tutto ciò che riempie le mie
giornate ed i miei sogni.
Lostacolo
principale allorganizzazione di un
possibile libretto è sempre stato il mettere
ordine. Problema superato: nessun ordine. Tutto
è uscito come è stato concepito. Frammentato,
ripetitivo, disordinato. Questo è quanto. Il
lettore sceglierà cosa leggere e cosa non
leggere, saltando di pagina in pagina a suo
piacere.
Stefano
Merchiori
INTRODUZIONE
"Non dipingo
lessere: descrivo il passaggio [..] è una
registrazioni di diversi e mutevoli accidenti e
di immaginazioni irresolute, e, quando capita,
contrarie. [..] se la mia anima potesse fermarsi,
non farei prova di me, mi risolverei: essa è
sempre a scuola, in prova." ( M. De
Montaigne "Saggi", Vol III pag 25 Ed.
Mondadori)
Non la
sistematicità, non lordine, ma il ritmo,
la leggerezza, il "curvo tornare" su se
stesso: questo è il filo che ci orienta nel
labirinto di Stefano. La duplicità è nella sua
scrittura perché è nella sua formazione: il
razionale della tecnologia si fonde con
lamore per la poesia, dalladolescente
scoperta di Pavese, a Calvino, Montale, Borges,
Stevens Wallace, Celan... la scrittura è per
lui, come per tutti, "il ponte che gli
uomini, dopo Babele, hanno attraversato per
raggiungere la casa dellessere"
(Steiner "Le Antigoni"), è la ricerca
di sé attraverso lincontro con
laltro, che ha quasi sempre un volto di
donna, reale e sognata, quel luogo fuori dal
tempo e dallo spazio in cui gli occhi femminili
diventano luniverso, lo specchio in cui si
esaltano i sogni, le speranze, i desideri, e si
misurano le nostre inadeguatezze. La ricerca di
Stefano dall io si apre al mondo,
attraverso lanalogia, la metafora,
luso istintivo ed esperto, raffinato, degli
aggettivi, attraverso lossimoro, figura
della duplicità problematica, delle
contraddizioni del suo essere. Dal contingente
degli incontri rivisitati, accarezzati nella
memoria, passa allassoluto, dal finito
alleterno in una specie di ansia metafisica
che gli fa cercare, non trovare, nell uomo,
nella natura, il divino. Un cammino che egli
compie attraverso il dialogo con interlocutori
che hanno spesso la sua voce, il suo volto. In
questi anni "il giovane dio" è
diventato uomo, un uomo che sa guardare con
spirito di finezza in sé e negli altri, pur
conservando linnata curiosità del bambino
che avverte la vita dove gli adulti vedono
"la buccia", come scrive un altro poeta
a lui caro, Gianni Rodari. Stefano mi fa pensare
a certi personaggi di Fenoglio; Milton, il
partigiano Johnny, poco più che adolescenti e
maturi, fragili e forti, concreti e sognatori,
lucidi nellaffrontare la guerra quotidiana
ed incantati da uno sfuggente oggetto del
desiderio. Così giocano lazzardo della
vita.
Annamaria
Meirano
AVVERTENZE
per il LETTORE
Questa penna, che
penna più non è
quante cose ha visto e
detto, pur non sempre viste e pur non sempre
sapute. Altre vorrebbe dirne, altre forse ne
dirà. Se ancora potrà fermarsi se ancora si
arresterà della corsa
Questa potrebbe
essere una delle rare recensioni a me
stesso
Diviso tra una prosa artefatta di
poesia, che di definirsi non sa trovare ragione
che non slitta in una metrica adeguata e
convenzionata. Di poesie sporadiche nate in
ingenua casualità, tra articoli e recensioni
dellopera altrui, diviso nel concreto e
spinto a far della ragione non dichiarata
lunica vera lettura da seguire negli Altri.
Rimane ciò che nessuno leggerà, ciò a cui non
si saprà dare uno spazio logico-letterario che
finirà nellimmaturo del tempo, per poter
essere dimenticato, tra i desideri più concreti
del quotidiano. Resta il grande dubbio
non
già più mio
scrivere parolette, o parole
o verità fasulle, non voglio sminuire
nulla
scrivere il buono ed il morale,
lutile letterario a dimenticare. Restare
fedele ai gusti mutevoli del presente per dare
sogni a buon mercato e stordimenti razionali
utili allordine ed alla res pubblicae
del controllo. Troppi inutili interrogativi non
giovano a chi li pone e a chi li ascolta. Un solo
rimorso di incompetenza mi assilla
il non
sapere scrivere luniversale
le forme
perfette a tutti i livelli compiute. Rotonde
nella loro genialità, perfette sotto ogni luce e
adorabili ad ogni orecchio, ad ogni cuore attento
o disattento che sia
Lopera
darte
la sintesi universale che non
può non ascoltarsi
Non capace di questo e
nemmeno di inventare sogni in cui non so io per
primo credere, mi ritrovo a tentare, poco
convinto, di vendere parolette
ma nel dirlo
già mi accorgo che non lo desidero
così
attento come credo di essere, così estraneo alla
mia opera, volgo io per primo a lei le critiche
più dure e demolitrici
La prosa è un
pessimo esempio, datato, di romanzetti
commerciali inficiati di luoghi comuni e
stonature grossolane di forma e di gusto. Questa
forse è lunica che potrebbe piacere
le rare poesie seminate tra le pagine sono errori
di stampa, già denunciati al tipografo e al
coraggioso editore
purtroppo rimangono. La
così detta prosa-poetica che caratterizza la
quasi totalità dellopera è un insieme di
riflessioni, totalmente inutili ed
incomprensibili a coloro che non le hanno
scritte. Non autonome di forma e contenuti, non
sanno reggersi solitarie, ma zoppicano ed
incespicano ad ogni capoverso ad ogni virgola,
spesso omessa, per scelta oltraggiosa. Incapace
di scindere lio letterario dallio
umano, mi rendo conto che queste parole non
vivono sole. Senza di me si perdono. Ciò che
resta è provare a leggerle, magari ad alta voce,
come diceva quello, e sentire un po che
effetto fanno. Forse di tutto, questo solo
salverei: la loro musica. Il canto di figure, a
volte gradevoli, in paesaggi e passaggi che
potrebbero a forza di stridere parere perfino
gradevoli
forse.
Stefano
Merchiori
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